PHNOM PENH, LA CITTA DIMENTICATA
Con il boom economico che corre per tutto l’oriente, anche lo skyline di Phnom Penh è in continua evoluzione.
Il desiderio di modernità che pervade il moderno Sud Est Asiatico, spinge ad una rapido mutamento urbanistico. Nella capitale cambogiana i palazzi dai vetri-a-specchio bluastro incombono minacciosi sui simboli dell’opulenza coloniale.
I villini francesi che a fine ‘800 ospitarono ricchi mercanti europei, faccendieri della III Repubblica Francese e trafficanti di oppio e spezie, sembrano fantasmi del passato. Oggi, se da una parte si organizzano petizioni e collette per salvare alcuni edifici storici (come è successo per l’attuale Exchange Rstaurant) o alla loro riqualificazione per fini turistici, in molti guardano alle ville neoclassiche e Decò come ai simboli dell’abuso e sfruttamento imperialista subito per oltre un secolo. I vecchi edifici dalle fattezze europee e i soffitti alti, sebbene pieni di fascino, non sono più funzionali e dei 360 grandi case costruite dai francesi, 100 sono già andati perduti.
Phnom Penh divenne la capitale della Cambogia dopo il 1440, anno che segna il declino dell’Impero Khmer e l’abbandono della città di Angkor. La sua posizione vicina al fiume Mekong e contemporaneamente lontana dal confine con la Thailandia, la rendevano più sicura e pratica per i commerci fluviali e marittimi.
La città soggetta a ripetute invasioni dei regni limitrofi, venne rasa al suolo dai Thailandesi nel 1772 e tutti gli edifici medievali andarono distrutti. Venne in seguito ricostruita dai Francesi che conquistarono la Cambogia annettendola all’Unione indocinese a partire dal 1893. Questa unione comprendeva cinque paesi, in parte creazioni coloniali: la Cambogia, il Laos, la Cocincina, l’Annam e il Tonchino.
I francesi si impegnarono a ricostruire la capitale in solidi mattoni, seguendo i criteri urbanistici delle città coloniali demolendo le abitazioni e gli edifici di legno e paglia. Ma i violenti monsoni che si abbattono sulla Cambogia tra i mesi estivi, resero i lavori per trasformare Phnom Penh ne La Perla dell’Asia, incredibilmente lunghi e faticosi.

Lo spazio urbano venne suddiviso in “categorie razziali”, stabilendo quartieri-ghetto per i diversi gruppi etnici presenti nella capitale a fine ‘800. A Nord c’era il quartiere degli europei, con le belle ville in stile coloniale come la Bibliothèque Nationale, costruita nei primi anni del XX secolo in stile neo-classico greco.
Successivamente affiancati dai palazzi in stile Decò come il Psah Thom Thmey (detto Mercato Centrale) costruito nel 1937. Più a sud, lungo il fiume Tonlè Saap, si trovava il quartiere dei commercianti cinesi costituito da schiere di “shophouse” : strutture di due piani in legno tipiche delle colonie che consiste in negozi al piano terra con alloggi residenziale al piano di sopra. Ancora più a sud venne destinata una zona “verde” per la costruzione del Palazzo che ospita ancora oggi la famiglia Reale, costruito su insistenza dei francesi ricopiando lo stile sfarzoso del palazzo Reale di Bangkok.


Alle sue spalle c’era il quartiere Khmer, all’epoca costituito di misere baracche su palafitte che i cambogiani ancora oggi utilizzano per far fronte ai frequenti allagamenti lungo le rive del Tonlè Saap.
Più ad ovest venne lasciato un quartiere per le etnie “asiatiche miste” per gli immigrati provenienti dalle colonie indocinesi e utilizzati per i lavori di modernizzazione. Migliaia furono i cambogiani (khmer) e i “coloni” sfruttati per la costruzione di argini, strade e palazzi con salari da fame.
Girando in tuc-tuc per il centro di Phnom Penh, sembra di rivivere il triste destino dell’antica capitale Angkor: abbandonata all’aggressione della vegetazione.
Palazzi di vetro e cemento lungo gli ampi boulevard alla francese, “schiacciano” le antiche residenze. Villini Decò e palazzine neo-classiche sono ricoperte oggi da antenne paraboliche e cartelloni pubblicitari. Cavi elettrici corrono lungo antichi stucchi come le radici nel Ta Prom, ma senza donare all’edificio lo stesso fascino.
Ci vorrebbe un miracolo o meglio, un altro film. Fu infatti la sexy Angelina Jolie grazie al ruolo di Lara Croft (Tomb Raider, 2001) a far conoscere i tesori di Angkor in tutto il mondo, e piovere sovvenzioni internazionali per i suo restauro. Oggi Angkor e i suoi templi viene visitata da oltre 4000 visitatori al giorno.
Si potrebbe chiedere ad Scarlett Johansson di girare il sequel di LOST IN PHNOM PENH!
Foto: BIUTIFUL, CAMBODIA
Info viaggio: CAMBOGIA BREVE